In una recente Nota n° 37766 del 6.07.2020 (Link) il MiPAAF, rispondendo ad un quesito posto da AssoBio si è espresso in merito ai livelli massimi di residui di clorati nei prodotti biologici, vista anche la recente pubblicazione del Reg. (UE) n. 2020/749 (Link) che introduce livelli massimi di residui (LMR) provvisori per il clorato negli alimenti.
Lo ione clorato è stato utilizzato come principio attivo erbicida fino al 2008, quando la sua autorizzazione fu revocata nel 2010 in base alla decisione della Commissione 2008/865/EC.
Poiché non era più approvato per l’utilizzo, da quel momento doveva applicarsi il limite di presenza accidentale previsto dal regolamento (CE) n. 396/2005 (Link) che fissa in 0,01 mg/Kg il livello di residui ammessi per le sostanze attive non autorizzate.
In seguito, però è merso che il clorato può in realtà manifestarsi in molti prodotti alimentari, compresi i prodotti biologici, per una serie di altri motivi.
Oggi la principale fonte di contaminazione da clorato sugli alimenti è rappresentata dall’acqua impiegata nei processi di lavaggio dei supporti o degli alimenti stessi: il clorato infatti si forma come sottoprodotto quando si usano cloro, biossido di cloro o ipoclorito per la disinfezione dell’acqua. Da non sottovalutare anche potenziali effetti derivanti l’uso dell’acqua come ingrediente vero e proprio (nettari, bevande).
La presenza di cloro nell’acqua potabile non è soggetta a un limite normativo, tuttavia la guida dell’OMS consente un livello fino a 0,7 mg/kg. Ciò che desta preoccupazione sono, quindi, frutta o verdura che vengono pulite o trattate con acqua perché potrebbero comportare livelli residui di clorato superiori ai livelli accettabili.
Inizialmente la Commissione Europea aveva concordato la sospensione dell’applicazione dello standard LMR, in attesa del completamento di ulteriori test e revisioni. Tale processo è ora arrivato a conclusione e sono stati definiti tramite il Reg. (UE) n. 2020/749 nuovi livelli di LMR per il clorato in frutta, verdura e altri prodotti agroalimentari che sono già in vigore da giugno 2020.
A titolo di esempio, riportiamo i limiti fissati dal nuovo regolamento per le produzioni agricole più comuni:
· Agrumi 0,5 mg/Kg
· Frutta a guscio 0,1 mg/Kg
· Pomacee, drupacee, uva e piccoli frutti 0,05 mg/Kg
· Banane e altri frutti tropicali 0,3 mg/Kg
· Patate 0,05 mg/Kg
· Pomodori 0,1 mg/Kg
· Legumi 0,35 mg/Kg
· Cereali e semi oleaginosi 0,05 mg/Kg
L’adozione di questi nuovi LMR, sia pur provvisori in quanto ne è prevista la revisione tra cinque anni, è la conseguenza di un attento studio per la valutazione del rischio resa nel 2015 da EFSA – Scientific opinion on the risks for public health related to the presence of chlorate in food (Link) e all’attività di monitoraggio dei Stati membri sotto il coordinamento della Commissione UE.
L’entrata in vigore dei nuovi LMR ha una rilevanza anche per quanto attiene i prodotti biologici, in particolare in Italia dove esiste una specifica disciplina (DL 309/2011) che prevede il declassamento del prodotto quando i residui di principi attivi non ammessi superano i 0,01 mg/Kg anche in caso contaminazione accidentale e tecnicamente inevitabile.
Riguardo ai residui di clorati il MiPAAF ha chiarito e formalizzato quanto pareva già evidente e tecnicamente appropriato agli addetti ai lavori, la possibilità di applicare il principio già previsto al capoverso 7 dell’allegato al DM 309/2011 che prevede che:
“In caso di sostanze il cui uso non è più autorizzato neanche in agricoltura convenzionale, si ritiene opportuno ammettere l’applicabilità dei LMR previsti dal Reg. (CE) n. 396/2005”
In caso di rilievo di residui di clorati nei prodotti biologici, a meno che l’organismo di controllo non ravveda l’adozione di pratiche agricole o tecnologiche non conformi ai Reg. CE 848/07 e CE 889/08, si applicano gli LMR previsti dal Reg. (UE) n. 2020/749.